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Munch

  • Francesco
  • 19 dic 2016
  • Tempo di lettura: 1 min

Il cielo era come oggi, con le nuvole rosse che come specchi riflettevano i neon dell’università.

Tu salisti sul piano più alto della cattedrale di vetro in cui vivevi, per chiamarmi

Per citofonarmi

Whatsapparmi.

E ci incontrammo. Tu scendesti da un bus verde, che come un dragone cinese trasportava le vite in giro per la periferia.

Ti portai in una tipografia dove ritirasti un quadro perfettamente falsato.

E camminavamo in auto per una città che lo sapevamo, lo sentivamo, non era la nostra.

E come etrangers, ti portai in punta di piedi, e per la mano a provar vestiti.

Tu ti provasti quel vestito bellissimo, che sollecitava i tuoi seni, e io impazzivo.

Non lo comprasti.

Lo dovevo capire da lì. Volevamo cose diverse.

Tu le hai volute.

Io non ancora.

E ora ci passo sotto questo cielo, davanti a quella tipografia.

E ogni volta non mi piace. Non mi sento al sicuro,

pur non essendo più uno straniero.


 
 
 

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