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  • Antonella
  • 9 dic 2016
  • Tempo di lettura: 1 min

È mentre scrivo tra due linee che ci fregano sempre, che finisce l'inchiostro sulla a.

Non è per me aspettare il mattino. Perchè durante l'ultimo, tra un incubo e un battito nuovo di ciglia, ho visto un uomo lontano, vecchio, corpulento, curvo, ingobbito persino! Si avvicinava e sorrideva. Uno sguardo sempre più azzurro, sempre più luminoso. Quelle pupille che quasi sbiancavano per l'intensità con cui schiarivano lo spazio tra noi.


Era mio padre. Stanco, chè sembrava voler scaricare su quel bastone tutte le fatiche della sua vita. Mi ha chiesto come stavo.

Mi sono sentita risucchiare in un buco nero, in una nullità che mi ha destata definitivamente.


Mi sto sentendo talmente incoerente, talmente irriconoscente da essere disorientata in un letto in una camera in una casa non mia, in una Milano non mia. Erano mesi che non piangevo così. Erano mesi che pensavo di aver pianto talmente di gusto e di rimorsi da dover salare da me le pozzanghere nei miei occhi.


Sono cose sorprendenti, che si infiammano sotto le lacrime. Succede sempre, quando finisce l'inchiostro.

Mi frega.

Sempre.


 
 
 

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