Quella volta che volevo i capelli di Trump
- Francesco
- 10 nov 2016
- Tempo di lettura: 4 min

Viaggio su un treno, in una carrozza stretta ma accogliente. Tutto in legno, un legno morbido, dalla tonalità tenue, marroncino arbusto per capirci.
Uno di quelli che poi ti avvicini un istante, capisci che non è legno, bensì plastica. Pure brutta.
Apro gli occhi; fuori c'è Aprile che non si scompone minimamente.
Li chiudo.
Ho sonno.
Noia misto puzza misto fatica di vivere misto odore di caffè.
La porta fa un rumore assordante, scorre sul binario e si apre da sinistra a destra, il rumore di una moto quando passa davanti al bar.
Mi volto, francamente stupito, stupido e curioso.
C'è una donna, meglio ragazza, sulla trentina.
Capelli chiari color tempera, occhi scuri, occhiali con montatura pesante, giaccone di panno, "Norwegian Wood" di Murakami sotto braccio e Clarks grigie.
Io ho pensato Non aggiungere altro che già sono innamorato, vieni qui e baciami.
Strizzo gli occhi e me li tocco, appena li chiudo sono pesantissimi, due oblò incastrati di ruggine.
Li riapro e la tipa mi fissa.
Mi mette pure a disagio.
Vorrei solo eutanasia ora: morfina e aldilà.
Si sistema sullo schienale.
Faccio finta di non guardarla, non mi riesce bene e lei se ne accorge.
<< Ci siamo già visti da qualche parte?>> tuona lei.
A quel punto nella testa mi esplode una bomba atomica da 4037 chilogrammi, di cui 64,13 chilogrammi di uranio arricchito all'80%, pari a 2,4 masse critiche.
Le pareti del cervello tremano, i sentimenti pure e le percezioni scompaiono. Per più di un secondo mi sento inerme e abbandonato, con un inverno nucleare dentro.
Mi riprendo.
<< Non lo so >> rispondo io, << lei crede? >>
<< No, era solo una tattica meschina per approcciare >>
<< Direi che ha funzionato però! >>
<< Funziona sempre! >>
<< Una constatazione che deriva dalla innumerevole mole del campione empirico osservato, da un eccesso di self consciousness o dal fatto di essere una donna pressochè modesta? >>
Lei ride. DA PAZZI. Si piega in avanti per ridere. Ride in maniera sguaiata; i primi tre secondi sembra una pazza, poi ti abitui e diventi assuefatto, ti culla. Penso che se chiudessi gli occhi forse mi addormenterei con quel suono.
Come si sporge in avanti e china la testa, fra i suoi capelli, proprio nel mezzo, vedo un principio di ricrescita e una cicatrice. Sembra profonda, sembra bella.
Dopo 20 secondi la smette di ridere.
Rialza lo sguardo e mi perfora con gli occhi lucidi.
<<Mi ha fatto morire, lo confesso. >>
Mi avvicino più a lei, accenno un sorriso sornione *§£ e dico:
*§£
FENOMENOLOGIA DEL SORRISO SORNIONE
Il sorriso, detto sornione dal grado di inarcatura della bocca, e dal combinato disposto occhi accattivanti e sopracciglia inarcate, è un tipo di sorriso che prelude ad un interesse finale spesso di natura sentimento-sessuale.
La “Guida al sorriso sornione” dei luminari Dossoli e Bernhog (pagg. 37, Edizioni Porchetto, 1989) ci indica l'how in questi casi, che riportiamo fedelmente trascritto:
“... Il sorriso sornione può essere utilizzato solo in 2 casi [...]
quando stiamo flirtando con una controparte
quando la controparte sta flirtando con noi.
In maniera opposta il sorriso sornione è SEVERAMENTE sconsigliato, pena apparire ridicoli, quando:
si è in una fase di hangover e/o
si è particolarmente stanchi e poco riposati, contemplando qui tutti i casi in cui non si è in grado di attuare una mimica facciale normale”
<< Lo vuoi sapere un segreto? >>, sottovoce
<< Siii! >> risponde lei bisbigliando
<< La frase che ti ho appena detto fa parte del mio repertorio, ormai è collaudata e la dico spesso e nei casi più disparati >>
<< Un po si sentiva: eri molto spigliato >>
<< Grazie >> sorrido
Mi ritraggo sullo schienale, mi sistemo.
Credo di essermi innamorato.
Ha un neo stranissimo sul naso, piccolo e non troppo scuro. E' l'unica persona al mondo che conosca che ha un neo sul naso. Oh no aspetta, ce n'era anche un'altra...
Ora non mi sovviene, vabbè.
Torno a guardare fuori, stavolta molto più stupido e felice di prima. Il verde si mischia col marrone con la velocità del treno, diventando un colore insolitamente brutto ma luminoso, accecandomi.
La tipa, il nome è ancora sconosciuto a questo livello della narrazione, si guarda in tasca, aprendo la giacca; estrae Marlboro Gold pacchetto morbido, ne estrae una Winston rossa, in maniera anonima e surreale. Mi indica col dito e chiede:
<< Hai la faccia da fumatore della domenica mattina, stendimi l'accendino >>
Sorrido. << Non so cosa tu voglia dire ma qui dentro è vietato fumare. >> Lo cerco e glielo porgo lo stesso, i tempi da vigile controllore non sono ancora iniziati per me, mi definisco ancora un punk sotto contratto sociale.
In quel momento inizia la magia, che poi è più un incubo.
Inizia a sghignazzare, ride freneticamente, non in maniera bella come prima ma in maniera convulsa e offensiva nei miei confronti. Mi sta prendendo in giro con le risate, si burla di me, mi sento tradito e vulnerabile.
<< Ma come Francesco, non l'hai ancora capito? >> continua a sorridermi beffarda.
<< Cosa? >> ad occhi bassi, rosso in viso, io.
<< Ahahaah, questo è un fottuto sogno! Posso fare quello che cazzo mi pare, me lo permetti tu! >> ride.
<< Ma che cazzo... >>
<< Vuoi vedere? >>
Si erge statuariamente davanti a me, mi viene vicino, si siede sulle mie gambe. Sono imbarazzato come quelle scene nei porno in cui la fidanzata del patrigno cerca di stuzzicare quello che sei fotogrammi dopo se la sarà già ribaltata sul letto.
Senza nessun senso mi bacia, e mette subito in chiaro le cose buttandomi la sua lingua calda in bocca, ma non entra: sbatte sui miei denti sbarrati.
Non è un bacio sconosciuto, lo conosco già quel bacio.
Mi stacco, inizio a piangere. La valvola si apre. Inonda l'antartico.
Lei sorride beffarda, mi bacia il palmo della mano.
Io singhiozzo.
Poi porta la mia mano sul viso.
E lì ho la certezza.
Quel viso appartiene a te; la stessa consistenza, liscio uguale e fresco al tatto.
Si accende la cicca col mio Clipper bianco, aspira e me la porge alla bocca. Io tiro, faccio entrare l'aria, mi tengo tutto dentro per un bel po', poi lo sbuffo fuori in direzione casuale.
C'era un sogno. Un sogno nello spazio iperuranio dei sogni, degli amori e delle porte candide socchiuse.
Termina il gesto dicendomi:
<< Puoi fare quello che vuoi, stiamo sognando. Cosa vuoi?>>
Ci penso poco, intuizione leibniziana. << Voglio i capelli di Donald Trump >>
Lei: << Che cazzo di idiota! Tra tutto hai scelto questa stronzata? >> incredula.
<< Ovvio! Perchè se non posso avere Lei desidero solo una cosa stupida >>
Mi accarezza la nuova folta chioma, “giallo pulcino appena nato”, ci gioca.
Penso di tenermela.
Non posso dire lo stesso di te.
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